giovedì 31 gennaio 2013

l'elefantino orfano




Dieci rarissimi elefanti pigmei sono stati trovati morti, perché avvelenati, nel settore indonesiano del Borneo. Un cucciolo, che non si rassegnava alla morte della madre, ha provato a risvegliarla accarezzandole la fronte con la proboscide (nella foto). I pachidermi compiono una sorta di rito funebre nei confronti dei loro defunti. Ma, in questo caso, l'elefantino è stato colto impreparato e così ha dovuto acquisire, attraverso una dolorosa trafila, la nozione di cos'è un essere dopo la morte.

mercoledì 30 gennaio 2013

Roma come Las Vegas


In fatto di casinò, Roma vanta il primato nazionale: «294 sale e più di 50 mila slot machine distribuite tra Roma e provincia. Con il primato di detenere il più grande locale d'Europa, quello di piazza Re di Roma, nel quartiere Appio, con 900 postazioni di gioco. Questo prima dell'apertura lo scorso novembre di Timecity a Parco Leonardo: 1.500 metri quadrati dedicati al gaming con 150 slot machine e video lotterie, 400 metri dedicati a una sala Bingo, un centro scommesse e molto altro ancora».
Il gioco d'azzardo è la terza impresa italiana, con un fatturato legale stimato in 76,1 miliardi di euro, «l'unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi che colpisce il nostro paese», che mobilita il 4% del Pil nazionale. Cifre allarmanti se confrontati con quelli che fotografano la situazione sociale di nuova povertà in Italia.
L'azzardo vale 80 miliardi 
Intanto cresce il business dell'azzardo, cresce un sistema malato, cresce un mercato del gioco ampiamente infiltrato dalla criminalità, con la complicità dello Stato e delle istituzioni. È evidente che la normativa sul gioco d'azzardo in Italia non solo è del tutto inadeguata a contrastare il rischio di infiltrazioni criminali, ma è funzionale alla «tutela» dell'erario pubblico prima che alla salute dei cittadini. 
Lo Stato regola il gioco d'azzardo attraverso la distinzione tra gioco legale e illegale con l'unico obiettivo di assicurarsi il guadagno che ne deriva, senza curarsi del benessere dei cittadini e della città. Sembra sia in atto una competizione tra Stato e mafie sul mercato del gioco d'azzardo, quest'ultimo un fenomeno che di per sé non viene messo in discussione.
È del 24 gennaio la notizia del blitz della Guardia di Finanza contro un'organizzazione capeggiata dal boss della 'ndrangheta che gestiva i settori del gioco online per un giro di affari di 90 milioni di euro. L'operazione ha confermato la fondatezza dell'inchiesta del giornalista Giovanni Tizian sugli interessi malavitosi che ruotano attorno alla legalizzazione del gioco on line e slot machine e l'attività illecita di installazione di slot in Emilia da parte della 'ndrangheta. Per tale inchiesta Tizian ha ricevuto minacce pesanti; anche per questo come Cinema Palazzo ci sentiamo vicini a lui e gli esprimiamo tutto il nostro appoggio e solidarietà. Scrive Roberto Galullo su Il Sole 24 Ore: «L'attività investigativa ha consentito di disarticolare l'intera associazione a delinquere dedita alla produzione e commercializzazione di apparecchi elettronici da intrattenimento (Video slot) con schede gioco illegalmente modificate per occultare i reali volumi di gioco e conseguendo un illecito guadagno a danno dello Stato».
Secondo una inchiesta di A. Custodero del maggio del 2011: «Il giro d'affari del gioco d'azzardo in Italia è 16 volte il business annuo di Las Vegas, o quanto basterebbe a sei o sette manovre finanziarie». 
In realtà, come sappiamo, le concessionarie del gioco sono in larga parte infiltrate da capitali mafiosi e le misure previste per arginare il fenomeno sono inefficaci e facilmente aggirabili. Ne è un chiaro esempio il caso della Camene Spa, la sfortunata società che tentò di aprire il casinò a San Lorenzo, senza possedere il requisito di tracciabilità previsto dalla legge. Inoltre del giro d'affari generato dal gioco legale solo una minima parte finisce nelle casse dello Stato. 
Insomma, la legalizzazione del gioco d'azzardo sembra studiata per offrire un campo di riciclaggio alle organizzazioni criminali e per far emergere le attività illegali che continueranno a esser gestite dagli stessi soggetti. La gestione ordinaria di questo sistema, al di là di qualche blitz e picco mediatico, testimonia l'intenzione di mantenere le condizioni perché questo si verifichi…

giovedì 24 gennaio 2013

contatori truccati


“Sapevo di aver ragione, è matematica”, spiega Antonio Moreno, ingegnere di Siviglia. Il giudice Manuel Pérez Echenique non ha dubbi: è questione di libertà di espressione e diritto d’informazione. La seduta è sciolta. Tutti a casa. Davide ha vinto, ancora una volta, su Golia. La storia risale a quattro anni fa, quando il pensionato Antonio Moreno decide di denunciare pubblicamente su un sito web le irregolarità che l’industria dell’energia elettrica effettua tutti i mesi nelle case degli spagnoli. Irregolarità che gonfiano le bollette della luce, a favore delle imprese. Nel suo portale, aperto nel giugno 2008, il signor Moreno racconta tutti i dettagli. E offre agli utenti un’applicazione informatica che permette a qualsiasi cittadino di ottenere i dati necessari per reclamare un abuso. E in due anni ha aiutato i consumatori iberici a risparmiare circa 500 milioni di euro.
Endesa, la più grande società di energia elettrica in Spagna, lo aveva così trascinato in tribunale, reclamando la chiusura della pagina web e 50 mila euro più Iva per danni “all’onore”, dopo che il pensionato aveva messo in rete un articolo intitolato “Endesa, l’impunità pirata” con una vignetta satirica dove compariva l’edificio della multinazionale con una svettante Jolly Roger. La battaglia del signor Moreno contro le compagnie elettriche non è, in realtà, cosa nuova. Nel 1994 l’ingegnere viene licenziato dalla filiale spagnola del primo fabbricante mondiale di contatori di luce, la Landis & Gyr, per non aver sottoscritto un accordo sotto banco sul prezzo dei contatori. Accusato di tradimento, da allora è diventato il Robin Hood dei consumatori spagnoli. E ogni giorno denuncia le illegalità che le grandi multinazionali escogitano per gonfiare le fatture…

mercoledì 16 gennaio 2013

poveri gatti


Pochi giorni fa è entrata in studio una signora molto distinta, sui quarant'anni con un bambino per mano e un trasportino che conteneva un gatto nell'altra. Parlava con un marcato accento straniero e avrei giurato americano. Ho sempre avuto una passione sfrenata per indovinare da dove viene una persona, magari da quale città italiana, solo sentendone il tipo di accento. Per alcune è facile (romagnoli, bergamaschi, emiliani), per altre decisamente meno, specie per chi ha viaggiato e ha assunto caratteristiche promiscue. Ma torniamo alla nostra gentile signora. Dopo avere visitato e vaccinato il suo gatto, come da lei richiesto, mi ha posto una domanda con semplicità estrema. "Guardi dottore, dovrebbe dirmi cosa fare per le unghie perché il gatto mi sta rovinando le tende di casa e comincia a danneggiare anche il divano. E' adesso il momento migliore per toglierle?". Ho avuto più di un momento di perplessità, poi, indagando discretamente, ho capito che era arrivata in Italia da pochissimo tempo e non si era ancora informata circa le nostre norme etiche sugli animali d'affezione.
Cani e gatti hanno una dignità - Le ho spiegato che l'unica cosa che poteva fare era portare pazienza, prendere una vecchia sedia impagliata, i classici tiragraffi fatti di corda o altri dispensativi simili in modo da distrarre l'attenzione del gatto dagli arredi familiari che, per gli americani, vengono molto prima, nella scala dei valori, rispetto al cane e al gatto. La signora era molto stupita e inizialmente non capiva bene, attribuendo tutto ciò a un problema di lingua, ma io parlavo molto lentamente e, a un certo punto ha realizzato che ci doveva essere qualche profonda differenza tra Italia e Stati Uniti in merito a questo aspetto. E in effetti è così. In America i divani di pelle, le tendine e arredi simili sono sacri, molto più del gatto, quindi l'intervento di orchiectomia o deungulazione che dir si voglia è all'ordine del giorno, anche se avversato da numerosi attivisti del benessere animali che non sono ancora riusciti a cambiare la legislazione vigente

Fa ingrassare più l'alcol o i biscotti?


Chi cerca di mantenere il proprio peso-forma o di perdere qualche chilo spesso sottovaluta un elemento spesso presente nella propria alimentazione: l'alcol. Questa sostanza, può fornire molte calorie a fronte di un apporto nutrizionale nullo e di un aumento del rischio di alcune malattie, tra cui diverse forme tumorali.
A richiamare l'attenzione su questo aspetto, spesso non considerato con la dovuta attenzione, è il World Cancer Research Fund britannico che lancia anche un utilissimo“Alcohol Calorie Calculator”, un programma semplice che calcola le calorie di ogni consumo alcolico, comparandolo al consumo di biscotti al cioccolato (tipo Digestive), e indica quanto si debba camminare a passo veloce per bruciare le calorie assunte.

Un bicchiere di vino da 250 ml, ad esempio, fornisce 178 calorie che equivalgono alle calorie fornite da due biscotti al cioccolato e che richiedono 37 minuti di camminata per essere eliminate…

giovedì 10 gennaio 2013

Eau de Paris


Passare a una gestione totalmente pubblica dell'acqua conviene, lo dimostrano i conti di Eau de Paris, che dal 1 gennaio 2010 ha rilevato dalle due multinazionali Veolià e Suez la gestione della rete idrica di Parigi, risparmiando 35 milioni di euro l’anno e abbassando dell’8 per cento la bolletta dell’acqua.
Eau de Paris è un ente di diritto pubblico presieduto da Anne Le Strat, braccio destro del sindaco socialista Bertrand Delanoë che ha fatto della ripubblicizzazione dell'acqua uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna elettorale del 2008.
Per Le Strat la ricetta è semplice: risparmiare assumendo la gestione diretta di tutti i servizi, dalla captazione fino alla fatturazione (mentre prima la stessa acqua poteva cambiare anche dieci volte gestore prima di arrivare al rubinetto); eliminare l'obbligo di remunerare gli azionisti, fattore tipico delle società di diritto privato, in più godendo di vantaggi fiscali legati agli enti pubblici…

sabato 5 gennaio 2013

oggi formaggio nuovo


Dalla ricerca del Dipartimento di Scienze biomediche dell'Ateneo di Cagliari, con l'Asl 8, il Brotzu e l'università di Pisa, in collaborazione con l'industria casearia Argiolas, arriva un pecorino "speciale" anticolesterolo. Il lavoro è stato pubblicato dal British Journal of Nutrition di Cambridge. Lo studio dei ricercatori, guidati da Sebastiano Banni, ha appurato che il formaggio di pecora "Cla" (con acido linoleico coniugato, del gruppo degli Omega 6) abbassa il colesterolo del 7%. 
Il lavoro è stato pubblicato dal British Journal of Nutrition di Cambridge. Lo studio dei ricercatori del Dipartimento di Scienze biomediche, guidati da Sebastiano Banni, ha appurato, infatti, che il formaggio di pecora, ottenuto da latte prodotto con opportuni sistemi di allevamento, non aumenta la colesterolemia e anzi può contribuire ad abbassarla…

venerdì 4 gennaio 2013

Attenti alle lampadine a basso consumo energetico


…Non avvicinatevi a meno di trenta centimetri dalle lampade a risparmio energetico. È il suggerimento diffuso dall'Ufficio federale della sanità pubblica svizzera in seguito ad un'indagine condotta dalla «It'Is Foundation» (Fondazione di ricerca sulle tecnologie dell'informazione nella società) di Zurigo diretta dal professor Niels Kuster del locale Politecnico. La ricerca voleva determinare con precisione, grazie ad un nuovo metodo di misura, i campi elettromagnetici generati dalle nuove lampade a risparmio ora utilizzate in seguito alla decisione dell'Unione Europea di mettere al bando le tradizionali lampade ad incandescenza entro il 2012. In particolare interessava stabilire gli effetti generati sul corpo umano e a tal proposito si precisa che i valori di intensità rilevati a 30 centimetri dalle lampade considerate sono inferiori (10 per cento) alla soglia raccomandata dalla International Commission for Nonionizing Radiation Protection.Se però ci si avvicina al di sotto dei tre decimetri i valori misurati crescono rapidamente fino a superare in alcuni casi i limiti stabiliti. Per questo «a titolo prudenziale» l'ufficio della sanità pubblica di Berna invita a mantenere l'opportuna distanza soprattutto se le lampade restano a lungo accese come nel caso di quelle poste sulla scrivania. La ricerca è stata condotta utilizzando quattro manichini che rappresentavano un uomo, una donna, un bambino di 6 anni e una bambina di 11 scandagliati in posizioni diverse e a varie distanze. Le lampade a risparmio energetico sono dotate di un trasformatore ed emettono campi elettrici e magnetici a bassa e media frequenza che possono generare nell'organismo correnti elettriche le quali, a partire da una certa intensità, sono in grado di provocare infiammazioni dei nervi e dei muscoli.

In passato era stato sollevato anche il problema dell'inquinamento perché al loro interno contengono pure una quantità esigua di mercurio (inferiore ai 5 milligrammi) che in caso di rottura del bulbo può disperdersi nell'aria.

Inoltre le lampade a basso consumo con tubo fluorescente, in certe condizioni, lasciano filtrare una piccola parte dei raggi ultravioletti per cui ad una distanza inferiore a 20 centimetri dopo una lunga esposizione non si possono escludere eritemi cutanei.

«La decisione svizzera è un buon provvedimento che dovremmo seguire — precisa Settimio Grimaldi, biofisico dell'Istituto di neurobiologia e medicina molecolare del Cnr —. E non solo per le lampade ma anche per frigoriferi e lavatrici. Anch'essi emettono campi elettromagnetici e l'unico modo di difendere la nostra saluta eliminando gli effetti negativi è quello di mantenere le distanze suggerite dall'indagine di Zurigo».

comprare col cervello


…Il nostro cervello da Età della pietra non è adatto al moderno mondo dei prodotti?
È così. Alcune evoluzioni sono avvenute troppo velocemente per il nostro cervello dell’Età della pietra. 

Perché la sua specializzazione sono diventati i prezzi?
Il prezzo è il fattore principale a influire sul profitto di un’azienda. L’analisi del prezzo era un’ambito ancora poco indagato. Alzare un prezzo porta molti più vantaggi ed è più facile che abbassare i costi o vendere più prodotti. Per questo ho inventato  una scansione cerebrale speciale che determina la disponibilità dei clienti all’acquisto. 

Dunque è sua la responsabilità dell’erosione del potere d’acquisto in tanti segmenti di mercato
Direi di no. L’obietivo del buon marketing è la massima soddisfazione del cliente con il prodotto e nel luogo più giusto e al prezzo più vantaggioso per l’azienda. In fondo, la gente non vuole bere il vino più economico. 

Però è sua la responsabilità se pago dieci euro una bottiglia che potrebbe costarne quattro

Si ma per quattro euro stia sicuro che il vino non le sembrerebbe così buono. Chi regalerebbe un anello di fidanzamento del valore di 50 euro?

Qual è il segreto per sfuggire dalla trappola dei prodotti più invitanti e più cari?
Lo shopping spontaneo, quello non dettato da esigenze ma da una temporanea disposizione d’animo, allegra o cupa che sia, è il più pericoloso. È con quel tipo di di spinta all'acquisto che sicuramente ci si concede la marca senza badare al prezzo. Un consiglio che io do è quello di fissare degli obiettivi d’acquisto nero su bianco.

La famosa lista della spesa?
Si. In questo modo la decisione di acquistare qualcosa che non si trova sulla lista è un processo che deve essere elaborato dal cervello. Diciamo che con la lista si ha una doppia sicurezza: la lista da rispettare e la conferma definitiva che ci richiede il cervello. Una sorta di airbag per limitare l’acquisto compulsivo.

giovedì 3 gennaio 2013

Sull'orlo dell'Abisso Ecologico - Leonardo Boff


Se consideriamo il modo in cui i padroni del Potere stanno affrontando la crisi sistemica del nostro tipo di civilizzazione, organizzata nello sfruttamento illimitato della natura, nell'accumulazione anch'essa illimitata e in una conseguente creazione di una doppia ingiustizia (quella sociale, con le perverse disuguaglianze a livello mondiale, e quella ecologica, con la destrutturazione della rete della vita che garantisce la nostra sopravvivenza), e se prendiamo anche come punto di riferimento la Cop 18 sul riscaldamento globale, realizzata alla fine di questo anno a Doha in Qatar, possiamo dire, senza esagezione: stiamo andando di male in peggio. 
Proseguendo su questa strada, ci troveremo di fronte, e non manca molto, a un "abisso ecologico". 
Finora non si sono prese le misure necessarie per cambiare il corso delle cose. L'economia speculativa continua a proliferare, i mercati sono sempre più competitivi, che equivale a dire sempre meno regolati, e l'allarme ecologico, rappresentato nel riscaldamento globale, viene posto praticamente di lato. A Doha è mancato solo che si desse l'estrema unzione al Trattato di Kyoto. E per ironia nella prima pagina del documento finale, che nulla ha risolto, rimandando tutto al 2015, è scritto: «Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta e questo problema deve essere affrontato urgentemente da tutti i paesi». E non lo si sta affrontando. Come ai tempi di Noè, continuiamo a mangiare, bere e apparecchiare le tavole del Titanic che sta affondando, ascoltando musica per di più. La Casa sta prendendo fuoco e mentiamo agli altri dicendo che non è niente. 
Ho due motivi per arrivare a questa conclusione realista che sembra pessimista. Voglio dire con José Saramago: «Non sono pessimista; è la realtà che è pessima; io sono realista». Il primo motivo è la falsa premessa che sostiene e alimenta la crisi: l'obiettivo è la crescita materiale illimitata (l'aumento del Pil), realizzato sulla base dell'energia fossile e con il flusso totalmente libero dei capitali, specialmente quelli speculativi. Questa premessa è presente nei programmi di tutti i paesi, compreso quello del Brasile. 
La falsità di questa premessa sta nel fatto che non tiene per nulla in considerazione i limiti del sistema-Terra. Un Pianeta limitato non sopporta progetti illimitati, che non possiedono sostenibilità. 
Ovvero, si evita la parola sostenibilità che proviene dalla scienze della vita; la vita è non-lineare, è organizzata in reti di interdipendenza di tutti con tutti, reti che mantengono attivi i fattori che garantiscono il perpetuarsi della vita e della nostra civilizzazione. 
Si preferisce parlare di sviluppo sostenibile, senza tener conto che si tratta di un concetto contradditorio perché è lineare, sempre crescente, che suppone il dominio della natura e la rottura dell'equilibrio ecosistemico. 
Non si arriva ad alcun accordo sul clima perché le potenti multinazionali del petrolio influenzano politicamente i governi e boicottano qualsiasi misura che faccia diminuire i loro lucri e per questo non appoggiano le energie alternative. Cercano soltanto di aumentare ogni anno il Pil. Questo modello è rifiutato dai fatti: non funziona più né nei paesi centrali, come dimostra la crisi attuale, né in quelli periferici. O si trova un altro tipo di crescita che sia essenziale per il sistema-vita, ma che per noi deve rispettare la capacità della Terra e i ritmi della natura, o incontreremo l'innominabile. 
Il secondo motivo, per il quale mi sto battendo da oltre 30 anni, è più di ordine filiosofico. Esso implica conseguenze paradigmatiche: il riscatto dell'intelligenza cordiale o emozionale per equilibrare il potere distruttore della ragione strumentale, sequestrata da secoli dal processo produttivo accumulatore. Come ci dice il filosofo francese Patrick Viveret in Por uma sobriedade feliz (Quarteto 2012), «la ragione strumentale senza l'intelligenza emozionale ci può portare perfettamente alle peggiori barbarie»; basta considerare il ridisegno dell'umanità progettato da Himmler, che culminò nella shoah, nella eliminzione di zingari e deficienti. 
Se non incorporiamo l'intelligenzia emozionale alla ragione strumentale-analitica, non sentiremo mai il grido degli affamati, il gemito della Madre Terra, il dolore delle foreste abbattute e la devastazione attuale della biodiversità, nell'ordine di quasi centomila specie all'anno (E.Wilson). 
Con la sostenibilità deve venire la cura, il rispetto e l'amore per tutto quello che esiste e che vive. Senza questa rivoluzione della mente e del cuore andremo, si, di male in peggio.

mercoledì 2 gennaio 2013

tasse dolci


Quando, pochi mesi fa, in Italia, è stata prospettata la possibilità di tassare le bevande gassate e zuccherate, non s’è fatto neppure in tempo a rendere noti i dettagli del provvedimento che s’è sollevata una selva di commenti poco motivati, accompagnati da strumentalizzazioni politiche.
In molti altri paesi, si discute o si sperimentano forme di soda tax per cercare di capire se essa possa rappresentare una strategia efficace nella guerra all’obesità dilagante. La Francia, ad esempio, l’ha già adottata imponendo su ogni lattina 2 centesimi di euro, ma sull'entità minima necessaria affinché la tassa sia efficace c'è ancora dibattito.
Per dominare la situazione sotto il profilo quantitativo, gli esperti dell'Università di Auckland e di Wellington, in Nuova Zelanda, hanno raccolto gli studi scientifici effettuati e ne hanno analizzati 32, tutti condotti in paesi industrializzati, appartenenti all'OCSE e caratterizzati da un elevato consumo di bevande zuccherate.
Lo studio, che è stato pubblicato questo mese su PLoS One, ha dimostrato che un incremento del 10% del prezzo di vendita delle bevande zuccherate e gassate può ridurrne il consumo, dall’1 al 24%, a seconda delle diverse situazioni dei vari paesi…

bambini e celiachia


Infezioni ripetute nei primi sei mesi di vita, consumo di quantità significative di glutine durante lo svezzamento e interruzione dell'allattamento al seno prima dell'introduzione del glutine: ecco tre "ingredienti" che, combinati insieme, aumentano il rischio di sviluppare la celiachia già in età pediatrica.
Lo affermano i risultati di uno studio condotto in Svezia - paese che ha registrato a cavallo tra gli anni ottanta e novanta una vera epidemia di casi di celiachia infantile - pubblicato di recente sulla rivista BioMedCentral Pediatrics.

I ricercatori hanno confrontato la storia clinica, le caratteristiche sociali e le abitudini alimentari nei primi mesi di vita di 373 bambini a cui tra il 1992 e il 1995 era stata diagnosticata la celiachia a meno di due anni d'età e di 581 bambini di "controllo", senza malattia.
Tutti i dati sono stati raccolti tramite questionari compilati dai genitori. È emerso chiaramente che chi aveva contratto almeno tre infezioni tra quelle tipiche infantili (raffreddore, otite, varicella, sesta malattia, scarlattina, polmonite, gastroenterite) aveva un rischio più elevato di sviluppare celiachia rispetto a chi si era ammalato meno o per nulla...